martedì 9 novembre 2010

Domande e risposte 1

“Lei ha citato “personalità”…è possibile dare una definizione di questo termine?
Poi, ha detto che la postura è sempre un fenomeno psicologico, quindi
quali sono i limiti dell’intervento sulla modifica della postura, anche in educazione
fisica, ginnastica ecc.?”
Vezio Ruggieri:
Chi si occupa di psicologia, sa che la definizione di personalità non è semplice,
tanto è vero che le discipline si chiamano ‘teorie della personalità’; quindi,
ogni definizione presuppone una teoria. Nella psicologia, c’è quella riduttivamente
sperimentale che descrive solo la percezione priva di contesto, ricerche che
sono state utili in passato, teoria della Gestalt oppure teorie più fisiologiche etc.,
mentre noi studiamo i processi fisiologici in funzione della struttura integrata dell’io.
Si capisce però che la psicologia non dà una visione unitaria al concetto di
personalità, soffre di un sincretismo culturale, che si estende poi, e si moltiplica a
livello dei trattamenti psicoterapeutici. Le scuole, quelle serie, tra psicoanalitiche
e psicoterapeutiche saranno una decina -quelle ad orientamento cognitivo, comportamentale,
quelle ad orientamento gestaltico, quelle transazionali-. Ognuna di
queste parte dalla costruzione di un modello dell’io che è assunto più dall’esperienza
clinica che da una elaborazione di ricerca sistematica in laboratorio, al contrario
di quello che ha fatto il resto dell’intervento medico che, a partire dal ’400,
ha cominciato a segmentare il corpo umano, a conoscerne la struttura, a studiare
il processo di normalità per poi passare a capire la patologia.
Nel campo della psicologia clinica, la pressione sociale e il disagio hanno sollecitato
la ricerca biochimica, farmacologica, che può anche essere utile se utilizzata
in funzione dell’io, ma non proposta come unicità. Manca, tutt’oggi, una
visione unitaria del corpo-mente in azione. Io posso cominciare a dire qual è la
nostra visione….
La mia auto-rappresentazione cambia secondo la relazione in cui mi trovo. Se
io mi comportassi con i miei figli come mi comporto durante una lezione, che
stress! Allora la mia auto- rappresentazione nelle relazioni cambia e si crea una
sub-identità, che ancora diversa rispetto a quando io mi rapporto con i miei genitori.
Però, è sempre un concetto immaginativo visuo-posturale-spaziale.
L’integrazione di queste sub-identità non avviene solo a livello cerebrale, bensì, in primo luogo, a livello corporeo. Allora il campo del teatro è interessante perché
significa proporre l’assunzione di sub-identità fittizie, che sono il cuore di un
laboratorio, e di misurarsi nella difficoltà di questa operazione senza imporla. E,
per ottenerla, qualche volta si richiede un lavoro propedeutico, trasformativo, di
rimuovere le inibizioni laddove è possibile, laddove i meccanismi di inibizione
corporei sono troppo presenti. Questo è la personalità e la struttura dell’io come
un sistema di integrazione che unifica sub-identità, ognuna di queste verticali,
cioè che interessano il cervello sia come area immaginativa che come base di una
funzione, perché non bisogna confondere l’immaginazione col cervello. Molti
neurologi confondono il pensiero col cervello, ma il pensiero è una funzione di
certe parti del cervello: il pensiero linguistico, quello visivo etc.
L’auto-rappresentazione è immaginativa, quindi cerebrale, ma si realizza attraverso
il corpo. E nel corpo possiamo trovare anche frammenti di sub-identità che
sono parziali e che tramite analisi possiamo sviluppare.
Ma questo entra in un intervento più psicofisiologico che può confinare col
tema dello psicodramma, che è un altro punto su cui Walter Orioli sottolinea la
necessità di operare delle definizioni…

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