martedì 9 novembre 2010

Anima e Corpo p16

Il cristallino, che è una parte dell’occhio, si comporta, in questi esercizi di immaginazione, in un modo identico a quello della percezione
reale. Perché? Per una ridondanza inutile? L’organismo non è abituato a
questi tipi di sprechi funzionali. Perché l’occhio, nell’immaginazione, vede?
Qualcuno chiede a questo punto: “e i ciechi”? La visione immaginata cambia
secondo il tipo di cecità, secondo il tempo in cui è insorta, se dalla nascita o meno.
Il sistema sensoriale risulta complesso, ci sono sistemi vicarianti, e alcuni di questi
fenomeni stiamo cercando di approfondirli sempre più.
A questo punto, si capisce che il processo immaginativo è un processo corporeo.
Se si immagina attraverso gli occhi, e si sente attraverso i muscoli, il punto
interessante è di combinare, come fa il teatro, la dimensione del sentire, con la
dimensione dell’immaginare. Sono, dunque, esperienze di natura strettamente
corporea, integrate nel teatro poiché esso ha questo compito: deve rendere visibile
e corporea una descrizione immaginativa scritta in un testo, o in un canovaccio
o in un’intenzione di improvvisazione. Ma tutto questo che è mentale ed esterno
al soggetto deve diventare concretamente visibile, deve essere un’esperienza
assolutamente corporea all’interno della quale si vengono ad integrare i livelli
funzionali -immaginativi, sensoriali e corporei- dello stare al mondo, perché poi
questo è l’elemento più semplice, più importante.
Non c’è possibilità di esistere senza assumere atteggiamenti che hanno un
significato. E’ già stato spiegato dagli psicologi di una certa scuola che è impossibile
non comunicare, e che anche non comunicare è comunicare di non comunicare!
Allo stesso modo, non esiste l’atteggiamento corporeo astratto di un libro di
fisiologia, quella pagina iconografica in cui sono descritti tutti i muscoli, e la
postura ecc. è un’astrazione, non una possibilità concreta. Ogni modo di porsi nel
mondo, ogni postura, ha un significato di atteggiamento posturale, è un modo di
essere al mondo, può essere una postura perfettamente rigida, militaresca, più
dinamica, più statica… ma non esiste una postura che non sia un atteggiamento
posturale concreto - proprio delle condizioni esistenziali che definiscono il qui ed
ora del soggetto-. Allora, a questo punto, la postura comincia ad essere sempre
una postura psicologica, che deve coordinare la capacità di mantenere una posizione
nello spazio e la capacità di stare in piedi col proprio modo di porsi nel
mondo. Essa è legata a tanti fattori. Il punto nucleare comune è però nell’auto-rappresentazione.
Noi diciamo che la postura è la messa in scena concreta, quindi,
una rappresentazione dell’auto rappresentazione, in altre parole della rappresentazione
che il soggetto ha di se stesso.
Ma questo fenomeno dell’auto-rappresentazione è puramente mentale?
Assolutamente no, direi. Come si costruisce un’auto-rappresentazione?

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