martedì 9 novembre 2010

Anima e Corpo p17

Immaginiamo una serie di scatole cinesi -la parte più interna è rappresentata
dall’integrazione delle informazioni sensoriali che vengono da tutto il corpo, a
parte l’integrazione di quella visiva che avviene nelle aree di associazione-. Un
concetto ovvio per un fisiologo o per uno psicologo è che la prima proiezione, a
livello della corteccia, è di tipo somatotopico. L’area di rappresentazione dell’attività della mano, o quella della lingua, sono molto più estese, considerando il
numero di neuroni che, nella corteccia, raccolgono informazioni periferiche da
quelle stesse zone. Poi vi sono aree di rappresentazione cerebrale per i piedi, le
caviglie etc. per giungere, insieme, ad una visione di funzionamento globale in cui
tutti questi frammenti trovano un’unità; è una specie di miracolo funzionale. Non
è ovvio che il piede è il “mio piede”, lo diventa perché è strutturale nella nostra
esperienza. E’ il prodotto di un’attività di sintesi fisiologica che collega le varie
parti e costruisce l’unità dell’io, che passa attraverso l’auto-rappresentazione unitaria,
che non soltanto unifica i livelli esperienziali, ma che prova piacere in questa
unificazione: la libido narcisistica. Concetto che abbiamo ricavato da Freud e
dalla psicodinamica, ma che non consideriamo come una modificazione della libido
sessuale cosiddetta, ma come una capacità dell’individuo di tenere insieme le
parti del proprio corpo, di costruire, nell’auto-rappresentazione, un vissuto ed
un’esperienza di unità.
Se io frammento il corpo, il segnale del dolore scatta violentemente, se invece
nel corpo l’auto-rappresentazione si riferisce ad un’unità psicofisica, viene
conservato l’equilibrio del piacere. Allargando ulteriormente le aree di integrazione
e di sintesi, anche ferite di natura morale possono far scatenare un vissuto
di dolore, articolato naturalmente in risposte più complesse, quali la frustrazione
depressiva ecc. Capite allora che l’auto-rappresentazione diventa il nucleo centrale
e che essa si costruisce continuamente, sul rimbalzo delle informazioni che vengono
dalla periferia del corpo. Il teatro lavora proprio su questo specifico ambito
di rappresentazione.
L’auto-rappresentazione dell’io non solo stabilisce un sentimento di unità, ma
anche di stabilità spazio-temporale. Questo non avviene in molte forme di patologie
in cui troviamo delle scissioni: per questo, ciò che si è fatto ieri non lo si percepisce
fatto da se stessi. Anche la perdita di memoria è coinvolta in questo processo
di auto regolazione. Essa serve per legare il complesso delle sensazioni passate,
immediatamente passate o passate in tempo remoto, con l’esperienza presente.
Connessioni di natura neurologica operano sulle informazioni sensoriali;
quindi, non solo necessarie perché la struttura dell’io sia integrata e unitaria, ma
perché abbia un vissuto di continuità e di stabilità spazio-temporale.
Come si realizza, da un punto di vista psicofisiologico, questo vissuto? Dal
fatto che le aree di auto-rappresentazione che si sviluppano nel cervello non fanno
altro che tradurre i messaggi del corpo. Il nostro cervello, senza le informazioni
dal corpo, non ha nulla da elaborare e neanche da sviluppare: niente processi di
astrazione, niente linguaggio etc.

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